Venerdì Santo 2020, la processione delle Varette rivive nei nostri cuori
- Amministratore
- 10 apr 2020
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È Venerdì Santo a Barcellona. La città tutta è avvolta dal silenzio.
Un silenzio drammatico che quest’anno ha in sé le tristi voci della
“passione pandemica” vissuta da tutto il mondo. Per la prima volta la
duplice suggestiva processione delle Varette si ferma. Per la prima
volta nelle nostre strade non risuona l’eco della “Visilla”, urlata e
mesta nel suo atavico incrociarsi di voci polifoniche. Non abbiamo
udito i tre colpi di martello, né lo schiocco delle lance dei giudei.
Non abbiamo visto i cambi di guardia agli ordini urlati del capo
giudeo; né l’attesissimo incontro al crepuscolo sul ponte Longano; né
la copia della Sacra Sindone che dal 2016 impreziosisce la processione
barcellonese; né il pesante copricapo in piume di pavone dei giudei
pozzogottesi; né gli addobbi floreali, sobria eredità di un opulento
sfarzo con fiori che provenivano direttamente da Sanremo e la frutta
dall’Americalonga. Un assenza, tuttavia, colma di presenza in quella
voglia di rivivere fortemente una tradizione che fa parte delle nostre
vite, che scorre nel nostro sangue. E, così, siamo andati a cercarla
nei ricordi, tra le vecchie foto in bianco e nero scattate dai nostri
padri, e in quelle multipixel conservate nella memoria dei nostri
smartphone, unendo in un mondo virtuale, libero dai confini del tempo,
la Barcellona di ieri a quella di oggi. Per la prima volta, in
quest’assenza che fa male, abbiamo visto sfilare tutte le processioni
che si sono rincorse negli anni, in un’unica grande suggestiva immensa
sfilata virtuale, più sentita e partecipata di qualsiasi altra
processione la nostra città abbia mai vissuto. Una mancanza che si è
fatta nostalgia e desiderio, un vuoto che è stato colmato dalla
profondità di un amore che negli anni era quasi divenuto scontato, ma
che oggi riscopriamo più forte di quanto credevamo. Per la prima volta
Barcellona ha vissuto la processione con profondità di cuore. Divisi
ma uniti, grazie anche ai social, nelle due distinte iniziative
facebook lanciate dell’assessore Angelita Pino e da Marcello Crinò
presidente Corda Fratres. La prima un tripudio di post e ricordi
personali condivisi in “#iorestoacasa…e da qui vivo la settimana
santa”, la seconda un viaggio virtuale nel cuore della processione.
Abbiamo visto tutte “le nostre varette”, dall’Ultima Cena fino
all’Addolarata, sfilare eteree una dopo l’altra, contemplando
l’estatica maestà dei momenti salienti della passione di Cristo,
scolpite da maestri quali Matteo Trovato e Salvatore Crinò, i cui nomi
si uniscono nella vara del Signore Morto, in cui statua è opera del
primo e la teca del secondo. Di Trovato è anche Il Cristo alla
Caduta. Tra gli scultori ricordiamo anche il pozzogottese Giuseppe
Rossitto che realizzò in legno di cipresso il Crocefisso nel 1870 e il
messinese Giuseppe Fiorello che nel 1911 scolpì “U Signuri a Cascata”.
Quest’ultima Vara vinse il I°Premio all’Esposizione Internazionale di
Roma. Le abbiamo seguite in un lento adagio, percorrendo
simbolicamente ogni strada, fino all’incontro sulla copertura del
Longano, le cui origini si devono a don Rodolfo Di Mauro e la cui
straordinaria intuizione fu subito storia. E tutto si è fermato in un
dilatarsi estatico del tempo, con le ventisei Vare una di fronte
all’altra, ammantate dagli echi delle due visille (più pacata quella
pozzogottese, urlata quella barcellonese) che appaiono gareggiare in
mestizia. Subito dopo le Vare, riprendono il loro cammino per
radunarsi intorno alle due chiese madri, quella di San Giovanni
Battista a Barcellona, duomo di Santa Maria Assunta a Pozzo di Gotto,
per ricevere la benedizione finale impartita con la Reliquia del Legno
della Sacra Croce. Una “sumana santa” dai toni surreali che rimarrà
per sempre impressa nella memoria. Scandita dal profondo desiderio di
tornare non alla vita di prima, ma ad una vita piena, vissuta nella
consapevolezza di trovarci immersi in quell’umanità fatta di tutte
quelle piccole grandi cose che oggi ci mancano.
Francesca Romeo
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