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Venerdì Santo 2020, la processione delle Varette rivive nei nostri cuori

È Venerdì Santo a Barcellona. La città tutta è avvolta dal silenzio.

Un silenzio drammatico che quest’anno ha in sé le tristi voci della

“passione pandemica” vissuta da tutto il mondo. Per la prima volta la

duplice suggestiva processione delle Varette si ferma. Per la prima

volta nelle nostre strade non risuona l’eco della “Visilla”, urlata e

mesta nel suo atavico incrociarsi di voci polifoniche. Non abbiamo

udito i tre colpi di martello, né lo schiocco delle lance dei giudei.

Non abbiamo visto i cambi di guardia agli ordini urlati del capo

giudeo; né l’attesissimo incontro al crepuscolo sul ponte Longano; né

la copia della Sacra Sindone che dal 2016 impreziosisce la processione

barcellonese; né il pesante copricapo in piume di pavone dei giudei

pozzogottesi; né gli addobbi floreali, sobria eredità di un opulento

sfarzo con fiori che provenivano direttamente da Sanremo e la frutta

dall’Americalonga. Un assenza, tuttavia, colma di presenza in quella

voglia di rivivere fortemente una tradizione che fa parte delle nostre

vite, che scorre nel nostro sangue. E, così, siamo andati a cercarla

nei ricordi, tra le vecchie foto in bianco e nero scattate dai nostri

padri, e in quelle multipixel conservate nella memoria dei nostri

smartphone, unendo in un mondo virtuale, libero dai confini del tempo,

la Barcellona di ieri a quella di oggi. Per la prima volta, in

quest’assenza che fa male, abbiamo visto sfilare tutte le processioni

che si sono rincorse negli anni, in un’unica grande suggestiva immensa

sfilata virtuale, più sentita e partecipata di qualsiasi altra

processione la nostra città abbia mai vissuto. Una mancanza che si è

fatta nostalgia e desiderio, un vuoto che è stato colmato dalla

profondità di un amore che negli anni era quasi divenuto scontato, ma

che oggi riscopriamo più forte di quanto credevamo. Per la prima volta

Barcellona ha vissuto la processione con profondità di cuore. Divisi

ma uniti, grazie anche ai social, nelle due distinte iniziative

facebook lanciate dell’assessore Angelita Pino e da Marcello Crinò

presidente Corda Fratres. La prima un tripudio di post e ricordi

personali condivisi in “#iorestoacasa…e da qui vivo la settimana

santa”, la seconda un viaggio virtuale nel cuore della processione.

Abbiamo visto tutte “le nostre varette”, dall’Ultima Cena fino

all’Addolarata, sfilare eteree una dopo l’altra, contemplando

l’estatica maestà dei momenti salienti della passione di Cristo,

scolpite da maestri quali Matteo Trovato e Salvatore Crinò, i cui nomi

si uniscono nella vara del Signore Morto, in cui statua è opera del

primo e la teca del secondo.  Di Trovato è anche Il Cristo alla

Caduta. Tra gli scultori ricordiamo anche il pozzogottese Giuseppe

Rossitto che realizzò in legno di cipresso il Crocefisso nel 1870 e il

messinese Giuseppe Fiorello che nel 1911 scolpì “U Signuri a Cascata”.

Quest’ultima Vara vinse il I°Premio all’Esposizione Internazionale di

Roma. Le abbiamo seguite in un lento adagio, percorrendo

simbolicamente ogni strada, fino all’incontro sulla copertura del

Longano, le cui origini si devono a don Rodolfo Di Mauro e la cui

straordinaria intuizione fu subito storia. E tutto si è fermato in un

dilatarsi estatico del tempo, con le ventisei Vare una di fronte

all’altra, ammantate dagli echi delle due visille (più pacata quella

pozzogottese, urlata quella barcellonese) che appaiono gareggiare in

mestizia. Subito dopo le Vare, riprendono il loro cammino per

radunarsi intorno alle due chiese madri, quella di San Giovanni

Battista a Barcellona, duomo di Santa Maria Assunta a Pozzo di Gotto,

per ricevere la benedizione finale impartita con la Reliquia del Legno

della Sacra Croce. Una “sumana santa” dai toni surreali che rimarrà

per sempre impressa nella memoria. Scandita dal profondo desiderio di

tornare non alla vita di prima, ma ad una vita piena, vissuta nella

consapevolezza di trovarci immersi in quell’umanità fatta di tutte

quelle piccole grandi cose che oggi ci mancano.


Francesca Romeo

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