top of page

Quarant'anni dopo la Pro Loco ricorda l'agente Lorenzo Cutugno ucciso dalle Brigate Rosse

Una platea di studenti attenti ed interessati ha partecipato all'incontro organizzato per le scuole dalla Pro Loco "Manganaro", in collaborazione con la nostra testata giornalistica, in occasione del quarantesimo anniversario della morte di Lorenzo Cutugno, agente di custodia in servizio presso il carcere “Le Nuove” di Torino barbaramente ucciso a soli trentuno anni l’11 aprile del 1978 dalle Brigate Rosse.

Il convegno, che si è tenuto presso la sala auditorium del parco urbano "Maggiore La Rosa", è stato intitolato “Anni di Piombo, così lontani così vicini”, perché  in genere si tende a considerare questo periodo storico e gli atti di terrorismo che lo caratterizzarono come qualcosa di estraneo al Sud d'Italia. In effetti, però, tra gli uomini al servizio dello Stato che persero la vita per mano dei brigatisti, molti, come Cutugno, erano uomini del Sud, costretti ad emigrare alla ricerca di lavoro in posti in cui poi hanno trovato la morte. Lo stesso Giuseppe Lorusso, a cui insieme a Cutugno è stato intitolato il carcere di Torino, era originario di Potenza in Basilicata.

Il convegno, moderato dalla professoressa Flaviana Gullì, caporedattrice di 24live.it e presidente della Pro Loco "Manganaro",  si è articolato in due parti. Dopo i saluti dell'assessore alla cultura Ilenia Torre e del direttore del carcere di Barcellona Nunziante Rosania, nella prima parte, il professore Giuseppe Restifo, ordinario di Storia Moderna presso l'Università degli Studi di Messina, ha compiuto un excursus storico che ha ripercorso il periodo che va dalla Resistenza al boom economico degli anni Cinquanta e Sessanta fino ad arrivare agli anni di Piombo, in cui la sinistra estremista, sentendosi tradita dal compromesso storico con la Democrazia Cristiana dichiarò guerra allo Stato. Il professore Restifo ha anche sottolineato come spesso siano stati gli uomini del Sud i protagonisti della storia che ha caratterizzato la nostra penisola, quegli stessi uomini del Sud spesso disprezzati ed emarginati nelle città del Nord, in cui costituivano la principale forza lavoro.

La seconda parte del convegno, invece, è stata dedicata alla figura di Lorenzo Cutugno, attraverso i ricordi dei parenti, della figlia Daniela, degli amici del quartiere Immacolata in cui era nato nel 1947 e, infine, delle riflessioni degli studenti.

A prendere la parola per prima è stata la dottoressa Rosanna Casabona, sostituto procuratore di Messina, nonché nipote dello stesso Cutugno, che ha sottolineato come spesso la Grande Storia si incroci con la piccola storia degli uomini comuni a cambiarne la vita: "Prima della sua uccisione, Lorenzo Cutugno era per me zio Renzo, poi è diventato un eroe, il faro che ha illuminato la mia esistenza facendomi intraprendere la mia scelta definitiva di vita a servizio della legalità". La dottoressa Casabona ha voluto, infine, leggere le parole con cui  il Capo della Polizia, prefetto Franco Gabrielli, intervenuto a Roma alla cerimonia di commemorazione della strage di Via Fani, ha risposto alla terrorista Barbara Balzerani, che aveva dichiarato come essere vittima del terrorismo era ormai diventato un mestiere: "Occorre ricordare chi stava da una parte e chi stava dall’altra, chi stava dalla parte giusta e ha perduto la vita nel nome di quegli ideali e di quei valori che questi delinquenti immaginavano di poter e di dover sovvertire. Per questo vedere gli ex brigatisti riproposti in asettici studi televisivi come se stessero discettando della quintessenza della verità rivelata  è un oltraggio per chi ha dato il sangue e la vita per questo Paese. Credo che mai come in queste vicende un linguaggio di verità e di chiarezza debba essere fatto. Questi signori, queste signore erano delinquenti due volte perché non solo uccidevano, rapinavano, privavano agli affetti di mogli, di figli, di padri, di madri, ma cercavano, in una logica di morte, di sovvertire le istituzioni democratiche del Paese. Quelle istituzioni che nella Resistenza e grazie alla Resistenza questo Paese aveva potuto in qualche modo avere e questi signori pensavano che in nome di quella Resistenza dovevano cancellare”. Per questo la dottoressa Casabona ha raccomandato agli studenti i presenti in sala di avere il coraggio di scegliere, in qualsiasi professione, da che parte stare ricusando le mezze misure.

La figlia di Cutugno, Daniela, che ha scelto di essere presente all'incontro insieme alla mamma Franca Saviano, ha dato la sua testimonianza di figlia di un eroe che ha sacrificato la propria vita per lo Stato, ma anche di figlia che è stata privata del padre alla tenera età di quasi tre anni e che, per questo, lo ha conosciuto solo attraverso i racconti dei familiari, finendo per idealizzarne la figura. Una figura il cui sacrificio, però, non è stato vano, perché è servito a insegnarle a scegliere il rispetto della legalità come stile di vita.

Dopo i ricordi di don Angelo Calabrò, amico di Cutugno, e della professoressa Rosalia Lanza, amica di famiglia, alcuni studenti presenti in sala hanno letto le riflessioni scritte in memoria di un uomo sconosciuto alle giovani generazioni, ricordato solo da una targa collocata in via Medaglia d'oro Cutugno, di cui fino ad oggi ignoravano il significato. "Solo ora, grazie a questo evento - ha affermato una studentessa - si è spalancato davanti a noi un mondo nuovo, che ci ha permesso di guardare oltre quella targa e scoprire che dietro quel nome c'era un uomo, un uomo che ogni giorno svolgeva il suo lavoro con un profondo senso del dovere, un uomo che ha dimostrato, coi fatti, che credeva veramente ai valori ad esso connessi".

Yorumlar


bottom of page