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Presentazione del saggio "Straordinari" di Andrea Italiano

Dopo il successo riscontrato in molti paesi della provincia, il libro “Straordinari. Storie di uomini, cose e paesi da Messina a Mistretta” (edito da Giambra editori) dello storico dell’arte Andrea Italiano è stato presentato anche a Barcellona Pozzo di Gotto il 2 febbraio 2019, a cura della Pro Loco “A. Manganaro”.

Di seguito l'intervista rilasciata dall'autore su 24live.it alla giornalista Flaviana Gullì, presidente della Pro Loco Manganaro. Il saggio racconta lo stupore di un lungo viaggio durato sedici anni da un capo all'altro della provincia, alla ricerca di storie affascinanti e irripetibili di uomini, cose e paesi. Il filo conduttore che lega queste storie è l'emozione provata dall'autore davanti a frammenti di esistenze che, grazie alla sua penna, riprendono vita riuscendo a salvarsi dall'oblio. Prima della presentazione ufficiale alla città della Longano, abbiamo voluto rivolgere ad Andrea Italiano alcune domande per mettere in evidenza l’importanza del suo libro come memoria storica, da cui partire per rilanciare la nostra provincia. Come nasce “Straordinari”? Il libro nasce in sedici anni d'attività, cioè a partire dal 2002, anno in cui ho preso la patente. Da quel momento ho iniziato a girare per tutti i paesi della provincia, che avevo iniziato a conoscere, grazie alla compagnia teatrale di Marika Famà. Da quell’anno ho collezionato così aneddoti, storie particolari, notizie su monumenti, momenti di microstoria che, se noi leggiamo sotto una lente di ingrandimento, diventa un simbolo della macrostoria. Tutti tasselli di un puzzle, che improvvisamente mi sono venuti in mente l’anno scorso, quando ho ripensato in particolare alla mia visita nella chiesa madre di San Nicola a Venetico superiore, chiesa in cui ho conosciuto il Volto Santo, riproduzione pittorica di una reliquia che è stata bruciata in un incendio accidentale nella Basilica di San Pietro. Questa riproduzione è arrivata a Venetico Superiore, grazie al principe Giuseppe Spadafora Moncada, che nel 1500 pregò il Papa di averla per il suo feudo siciliano. Non solo la riproduzione, ma anche la reliquia, che ha un'importanza pari alla Sindone, perché rappresentava il volto sacro di Gesù nel percorso dal Golgota al Calvario, non esiste più. Di conseguenza, Venetico si è trovata ad essere l’unica depositaria al mondo di un reperto, che nessuno conosce. Io mi sono imbattuto nel Volto Santo una domenica d'inverno, quando sono entrato nella chiesa di Venetico per fotografare un quadro.  Sono piombato in questa chiesa semibuia, mentre si recitava il rosario. I fedeli, inizialmente spaventati dalla mia presenza, mi hanno impedito di scattare le foto. Poi, grazie alle mie pressioni un po' simpatiche, non solo il sacrestano mi ha fatto fotografare il quadro, ma mi ha anche introdotto in questo altro mistero. Si tratta di un aneddoto che io avevo conservato nella mia mente insieme a tanti altri, che ho collezionato con lo stesso modus, cioè un po’ per caso, un po’ grazie alla Provvidenza. L’anno scorso ho deciso di metterli per iscritto, seguendo una traccia, che è quella della mia storia, che va da Messina fino a Mistretta, e che è diventata una mappa del nostro territorio, il quale, secondo una vulgata ormai consolidata, è uno dei territori poveri della nostra Sicilia. Tuttavia, indagando, e neanche tanto in profondità, si può ribaltare questa fama di provincia babba, arrivando alla conclusione che essa, per numero di personaggi, monumenti e fatti storici, considerata anche la non vasta estensione del territorio, forse è l'area principale della nostra isola. In provincia di Messina ci sono tanti straordinari. Puoi citare alcuni dei tuoi "Straordinari"? Per esempio a Patti è vissuto un vescovo, monsignor Ficarra, a cui Sciascia ha dedicato un libro, a Mistretta la scrittrice del primo Novecento Maria Messina, morta giovane per via della sclerosi multipla, ma che ha scritto una serie di libri molto importanti, a San Piero Patti la poetessa L.Busacca, tanto apprezzata da Eugenio Montale che le ha dedicato la novella “La Busacca”. Altri personaggi leggendari sono Luigi Rizzo, per il quale il poeta D'Annunzio ha coniato il famoso detto “Memento audere semper” , in quanto insieme hanno realizzato l'impresa chiamata la Beffa di Buccari e tutta una serie di altre azioni, che ormai fanno parte della leggenda della marina militare italiana. Non bisogna, infine, dimenticare monsignor Paino, che ha ricostruito Messina dalle macerie, come nessun politico ha saputo fare. Il filo conduttore che lega questi personaggi tra di loro sta nel fatto che sono individui che mi hanno colpito, uomini che, quasi per una sorta di forza irrazionale, hanno incrociato la mia esistenza, presentandosi sul proscenio per parlarmi di loro. Hai definito la tua opera un romanzo di formazione, una sorta di autobiografia in cui tracci il tuo percorso di maturazione. Come hanno contribuito i personaggi straordinari di cui parli in questo processo? Questi personaggi mi hanno suggerito delle vicende umane dalle quali trarre insegnamenti, intervenendo a modificare la mia forma mentis, a tal punto da identificarsi con i paesi di cui parlo. Mi è rimasto per esempio impressa la lezione di vita di monsignor Paino, che mi ha spinto a invidiare i sognatori, tutti quelli che credono fortemente nelle loro capacità e nella loro visione del mondo e che cercano di realizzare i propri sogni, anche a costo di sembrare folli.  In questo libro hai ripercorso storie di uomini, cose e paesi che caratterizzano i 110 chilometri che vanno da Messina a Mistretta. Quale di questi personaggi ha lasciato un’impronta particolare nella storia nazionale? Secondo me, tre personaggi sono molto importanti per la storia nazionale. Il primo è l’eroe Luigi Rizzo, grazie alle cui azioni è stata vinta la prima guerra mondiale. Queste gesta, pur non essendo sostanziali a livello bellico, erano azioni di coraggio che avevano grande importanza in un’Italia che aveva smarrito l'audacia dopo la disfatta di Caporetto, perché davano il senso dell’eroismo italico. L’interscambio continuo con il poeta D’Annunzio è un fatto straordinario, che ha contributo ad amplificare l’eroismo di Rizzo, per il quale fu cambiata persino una legge che prevedeva l'impossibilità di conferire due medaglie d’oro al valore alla stessa persona. Un altro personaggio molto importante per la storia nazionale è Stefano Tuccio, gesuita di Monforte San Giorgio, uomo di umili origini e di educazione contadina, ma molto intelligente e dotato di una pervicacia e di una costanza non comuni. Queste due doti lo fecero notare da un padre gesuita, che per si trovava per un periodo a Monforte e che se lo portò nel collegio messinese, dove in un anno divenne professore, cominciando a scrivere opere teatrali, le quali sono alla base del teatro moderno. In seguito fu trasferito a Roma, dove esplose in tutto il suo fervore culturale tanto da essere persino chiamato, unico italiano tra tanti stranieri, dal Papa di allora per dettare le leggi della scuola moderna. Il terzo personaggio è un altro prelato della fine del Cinquecento, Scipione Rebiba, nativo di San Marco D’Alunzio, che fu uno degli uomini più potenti della Controriforma (è il vescovo che chiuse il Concilio di Trento). Secondo studiosi di geneaologia episcopale, è uno dei più antichi vescovi del quale si conoscano con certezza i dati sulle ordinazioni episcopali: più del 95% degli oltre 5200 vescovi viventi lo pongono al vertice della propria genealogia, inclusi papa Francesco e tutti i suoi predecessori ininterrottamente a partire da papa Clemente XI. Su un suo terreno oggi sorge il carcere di Rebibbia, il cui nome altro non è che una storpiatura del cognome Rebiba. Nel libro hai anche raccontato la storia di Turillo Sindoni come genius di Barcellona Pozzo di Gotto, uno degli artisti più importanti a livello nazionale del primo dopoguerra, un barcellonese che, però, non tornò mai più nella sua città in segno di sfregio. In che cosa consiste per te la genialità di Sindoni? La genialità di Turillo Sindoni consiste nella sua intraprendenza. La sua era un’arte molto superata dai tempi nell’epoca in cui visse, tanto che, pur essendo uno degli artisti più importanti del periodo, nei libri di storia dell’arte non viene menzionato, relegato al ruolo di artista cimiteriale, di propaganda, di monumenti pubblici legati alla retorica della guerra. Tuttavia, egli incarna il tipico barcellonese, così come Consolo lo descrive in uno dei suoi libri, un uomo intraprendente che si fa avanti, che crede in quello che dice e in quello che fa, rappresentando il personaggio tipico di un territorio per molto tempo foriero di uomini fuori delle righe, che eccellevano nel bene e nel male, ma che per questo incidevano nella storia, esattamente come lui.Questo lo ha portato ad essere un beniamino di molti: a Roma lo chiamavano port bonheur, portafortuna, uno che portava il buonumore. La maggior parte delle sue opere gli venivano commissionate senza bando pubblico, semplicemente attraverso la sua proposta volontaria di realizzarle gratuitamente. Questo gli creò molti problemi: per ben due volte, infatti, le sue opere furono rifiutate dai committenti: quella di Napoleone all’isola d’Elba e quella di Capuana a Mineo. Pure a Barcellona ebbe una controversia con il Comune per un monumento che si propose di realizzare gratuitamente. Nella sua città non fece più ritorno, in segno di sfregio, perché, come si racconta in un aneddoto, non accettò l'offesa di non essere ammesso al circolo dei nobili, in un periodo in cui era molto famoso.

Cosa manca alla nostra provincia per essere un faro di cultura a livello nazionale? In questo libro non ho voluto fare propaganda, perché non sono per natura un campanilista. Infatti, per quasi tutti i paesi, accanto alla parte costruens, alla parte positiva, c’è una parte destruens, in cui ho accennato ai lati negativi. Ho messo in luce come ad un certo punto della nostra storia recente, intorno agli anni Sessanta-Settanta, si sia verificata una sorta di vergogna del passato, a causa della quale i cittadini di molti paesini hanno cercato in tutti i modi di adeguarsi alla storia nazionale, al progresso occidentale, cancellando in maniera forzata il loro passato, come se si trattasse di un fardello da buttare via, in quanto appartenente sostanzialmente ad una storia contadina. Abbiamo così distrutto la nostra memoria, cancellando un passato che per altre zone ha costituito un vero e proprio faro di cultura, di civiltà e di turismo. Questo sonno della memoria ci ha così condannati alla dimenticanza. Un altro problema, non solo della nostra provincia, ma anche di tutto il Sud, è lo sfrenato individualismo, che spesso ci rende incapaci di fare squadra, di creare rete, di continuare a camminare sulle gambe degli altri.  Solo laddove si crea una sorta di Koinè, di linguaggio comune, di senso di appartenenza, i personaggi straordinari, che sono legati strettamente a un territorio che li propone e li valorizza, non sono condannati ad essere una luce effimera, ma brillano continuamente.

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