Pasqua, tra antiche e nuove tradizioni
- Amministratore
- 6 apr 2020
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Anche se quest’anno a causa del coronavirus non si può celebrare la Pasqua, ci piace ricordare che nelle due arcipreture di Santa Maria Assunta e San Sebastiano i fedeli partecipano sentitamente ai riti liturgici e alle consuetudini della Settimana Santa: la benedizione delle palme della domenica (a Calderà nelle Piazze di S. Rocco e delle Ancore viene rappresentata la drammatica Storia dei tre giorni), la Coena Domini del giovedì - riccamente imbandita soprattutto a Pozzo di Gotto - con la lavanda dei piedi agli apostoli (partecipare alla quale vestito da apostolo è un privilegio), i sepolcri con i semi germinati al buio, l’adorazione del Santissimo Sacramento nelle quarant’ore. Fino a pochi decenni fa il mercoledì si faceva la predica o scuru con il suono della troccola di legno. Il venerdì – oltre che il giorno delle varette - è il giorno del digiuno (dijùnunu magara l’aceddri); un tempo non si infornava il pane.
Accanto alla visilla (i cui “pedi” si provano nei majazzeni e nelle chiese nei venerdì di Quaresima), si tramandano i canti a nota e le cosiddette razioni, che hanno per soggetto la vita e il dramma di Cristo, che in particolare in Venaddì di marzu gluriusu è rivissuto dal punto di vista della Madonna Addolorata.
La tradizione delle lunghe penne di pavone, attaccate ai pesanti copricapo dei Giudei di Pozzo di Gotto (al posto dell’elmo dei soldati romani) si racconta che abbia avuto origine per mettere in ridicolo la vanagloria degli ebrei “giudei”. In realtà le penne di pavone hanno una simbologia doppia: da un lato significano bellezza, resurrezione, rinascita; dall’altro indicano vanità e boriosità, portano sfortuna e il loro occhio ricorda il malocchio. Fare il giudeo a Pozzo di Gotto oggi è motivo di orgoglio. Il ruolo di capogiudeo – l’unico senza penne di pavone - si è tramandato nella famiglia La Spada. A Barcellona le guardie dell’urna di Gesù si vestono normalmente da soldati romani ed è sentito come privilegio il ruolo di centurione.
Per salutare Cristo risorto la prima solenne scampanata avviene a mezzanotte del sabato, mentre un tempo si aspettava il mezzogiorno della domenica per “sciogghiri i campani”. A quell’ora si soleva gettare via dai balconi delle case oggetti vecchi, per simboleggiare che si voleva iniziare insieme a Cristo una nuova vita. Nella frazione Oreto si ricorda con una processione l’incontro di Cristo risorto con la Madonna. Meno frequente (di un tempo) è la consuetudine della benedizione delle case dopo la Pasqua da parte del parroco. Tra i doni pasquali – accanto alle colombe – si regalano i dolci tipici dell’artigianato locale: uova di cioccolato (con regalo), a cuddrura o u pupu cu l’ova (simbolo di fertilità e di rinascita), i picureddri di pasta riali (che i fidanzati regalavano alle zite), il pecoro ripieno di frutta candita, il tronchetto, idita dill’anciulu, panini da cena. Nessun barcellonese la domenica rinunzia al cibo rituale, cioè l’agnello - o capretto - al forno o arrosto. In misura minore è apprezzato il dolce tipico della pasqua siciliana, la cassata, a cui è strettamente legato il nome della domenica di resurrezione: A la Pasqua di li cassati / si vestunu li strazzati / a la Pasqua di li ciuri (le rose, cioè l’Ascensione di Maria) / si vestunu li signuri. Ci auguriamo che l’anno prossimo il lunedì dell’Angelo possiamo fare le scampagnate sulle colline o al mare.
Gino Trapani
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