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La montagna incantata

Simùn, il vento caldo del sud, zufola mite sul costone della pietra che luccica (=Jalari); si apre un varco tra i rami degli eucalipti e scarmìglia gli arbusti della macchia peloritana. Arpeggia sulla superficie delle sculture, mulina sui tetti delle botteghe artigiane e sul giacatu del Parco, sorto in pochi decenni in prossimità della contrada, che in un suo romanzo Nino Famà ha chiamato Toloma (anagramma di Maloto), dove c’è una Croce di trazzere, che un tempo collegavano i villaggi pedemontani della valle del Longano. Il fianco della montagna incantata, penetrato dall’aria secca, rimanda un soffio flautato, che ondeggia sul verde e sui letti di pietra e si rintana nel Tempio della Contemplazione, il cerchio di spiritualità esoterica, che Mariano volle erigere nel lembo superiore per risanare i mali del corpo e dell’anima.

Ciascuno può sentire echeggiare dentro di sé quel soffio, insieme alle impressioni tratte dalle statue, in particolare della Madonna o della sfinge di pietra rustica e aulica: un suono ora lieve, ora pieno e totale, in cui natura e sentimento, realtà e mito si fondono in una quarta dimensione entro l’infinito del tempo e dello spazio.

Il Parco dei fratelli Pietrini costituisce un tentativo immaginifico e concreto di valorizzazione e di lancio turistico di una zona montagnosa – un balcone sulle Eolie – al margine orientale dei Peloritani, in una Thrinakie, eden, ma anche luogo esacerbato e violento.

Gino Trapani

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