L’eroina e il miracolo del “Cristo lungo”
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- 24 ago 2020
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Le pestilenze hanno segnato la vita dell’umanità con una frequenza periodica impressionante. Nel XIX secolo sono stati cinque i peggiori casi di Cholera morbus negli anni 1835/37; 1854/55; 1866/67; 1983/85; 1893/94. Nel XX secolo negli anni 1918/19 si è scatenata la spagnola (il caso più grave con 25 milioni di morti in tutto il mondo), nel 1956/57 l’asiatica; nel 1968 il virus è partito da Hong Kong; più recentemente l’Ebola dal Congo e poi Sars, Hiv, Aviaria. E oggi il Coronavirus (Covid-19).
In Sicilia la peste del 1854 sbarcò nel luglio da navi provenienti da Napoli e Malta attraverso il contrabbando, ma il contagio era arrivato dall’Oriente. L’anno dopo ci fu un’ondata di ritorno del male. Psicosi, pregiudizi e superstizioni prevalevano sugli interventi della sanità pubblica. Si ricorreva alla devozione religiosa, a processioni e preghiere, oppure a ciarlatani, che proponevano cure a base di erbe naturali, foglie, radici (i negazionisti di oggi parlano di inutilità di continuare nella prevenzione, che invece è necessaria per evitare un forte ritorno del virus).
La fuga dalle città nelle campagne, per chi poteva permetterselo, era l’unico modo per sfuggire al contagio. Nell’epidemia del 1854 il quattordicenne Giovanni Verga con la famiglia si rifugiò nella vasta tenuta di Tebidi, lontana da Vizzini infettata. Egli scrisse poi una novella intitolata “Quelli del colera”, in cui evidenzia fino a qual punto possa giungere la paura, trasformandosi in caccia all’untore.
In quello stesso anno - come sta scritto nella lapide collocata nel 1954, in occasione del centenario dell’evento - il miracolo del Cristo lungo salvò dall’epidemia la città di Castroreale, una delle perle del Tirreno, per la sua storia e per il suo patrimonio culturale, del quale si sentono eredi anche molti cittadini di Barcellona, il cui territorio fino a due secoli fa faceva parte del comune di Castroreale.
M. Casalaina racconta che Il morbo era virulento in tutta la Sicilia. A Messina e in provincia ci furono circa 30.000 morti. Tra questi morì il giurista pozzogottese Francesco De Luca, che era stato Ministro della giustizia nel Governo rivoluzionario del 1848. Dal capoluogo si riversarono nella piana moltissimi messinesi. Il professore Nino Bilardo nel saggio “Il Cristo lungo di Castroreale” si sofferma su alcuni particolari. “Che Castroreale fu immune dal morbo - egli ha scritto - è chiaramente attestato da due deliberazioni del Consiglio comunale, dal Quadro pubblicato dal Giornale di Statistica per la Sicilia e soprattutto dal Libro dei morti di quell’anno, da cui si rileva un numero di morti molto basso, vicino a quelli degli anni precedenti e successivi”.
Il Casalaina ha raccontato che, tra i fuggiaschi venuti da Messina, riparò a Castroreale la signora Giuseppina Vadalà (eroina nella rivolta messinese del 1848). Ella manifestò i sintomi del terribile male, da lei portato in incubazione. Dal 15 agosto, giorno della festa dell’Assunta, non si fece altro che continue prichiere, come sta scritto nel Libro di introito e di esito della Chiesa Madre. Il 25 agosto i cittadini, allarmati, portarono in processione il Cristo lungo, invocando che impedisse il propagarsi della epidemia. La donna guarì e il morbo non attecchì. I fedeli gridarono al miracolo. E ottennero dal Papa Pio IX l’istituzione della festa del 25 agosto, a cui i castrensi sono tuttora legatissimi. La donna di forte tempra fu premiata con una medaglia al valor militare dal governo italiano dopo l’Unità d’Italia, per la sua partecipazione a Messina (insieme alla sorella e alla sua famiglia di ferventi patrioti) alle insurrezioni del 1848 e del 1860.
Si racconta che, dopo alcuni decenni a Castroreale un sindaco, di cui non è riportato il nome, cercò di persuadere i concittadini che la festa del Cristo lungo doveva rimanere nella tradizione castrense, ma non era necessario considerare propiziatrice del miracolo la processione, che invece avrebbe potuto provocare la moltiplicazione dei morti. Ma egli fu costretto al silenzio, perché i fedeli gli si schierarono contro.
Gino Trapani
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