top of page

"Il sogno di Toloma" di Nino Famà

Toloma (anagramma di Maloto) è il villaggio siciliano degli avi del giovane protagonista Nicky Nicoterra, studente di filosofia che si mantiene con il lavoro estivo. Egli vive in una anonima e alienante città nordamericana; i racconti del nonno lo spingono a vagheggiare quel luogo lontano delle sue radici come un mondo incantato, in alternativa alla caotica, vuota e frustrante vita di sradicato, che egli conduce e che a lui appare senza futuro. Non sa se deve attribuire la spirale di inquietudine in cui è caduto – al di là delle sue vicende personali - all’incertezza generale della società liquida e consumistica.

L’intreccio non segue l’ordine cronologico dei fatti. Il racconto inizia con la morte (poco prima della fine del secolo XX) del nonno di Nicky, che si chiama Coco (affettuosa minimizzazione del loro comune nome Nicola). Costui era emigrato in America nel secondo dopoguerra e custodiva in una stanza segreta i ricordi più cari della terra natale. Ha lasciato in eredità al nipote un diario, in cui ha registrato con il suo linguaggio popolare numerosi frammenti sparsi della vita che i suoi familiari svolgevano nel villaggio collinare di Toloma, in Sicilia.

La crisi di identità di Nicky, le sue afflizioni hanno avuto inizio dopo la rottura del matrimonio dei genitori; il suo vuoto emotivo si è aggravato per la scarsa intimità con il padre, il fratello e la sorella, mentre la madre convive con un uomo d’affari. L’unico conforto per il giovane era rimasto il nonno, che spesso gli aveva parlato della sua terra d’origine come di un luogo edenico.

Nicky decide di trascrivere il diario del nonno e, a partire dal capitolo 4, riporta i particolari della fondazione di Toloma. Essa era avvenuta alla fine del XIX secolo per volontà del trisavolo Coco, che aveva lasciato la pianura con la moglie e i figli, nella convinzione che il futuro per i contadini potesse essere costruito con il lavoro coraggiosamente produttivo in terre collinari incolte, da trasformare in vigneti, oliveti e distese di grano o di ortofrutta, invece di emigrare in un paese straniero, come in quegli anni facevano molti siciliani. Insieme ad altri coloni contadini che si sono trasferiti a Toloma, la saga della famiglia Nicoterra, si svolge tra le difficoltà e la ferrea volontà di tutti i componenti di lavorare sui terreni a mezzadria di proprietà del principe Alcontresi, che fa controllare i raccolti da un campiere esigente. La loro vita – in cui hanno un ruolo importante le donne - diventa simbolo del mondo premoderno con i suoi valori e i suoi limiti. Tra l’altro Toloma rimane a lungo un villaggio isolato, in cui la strada carrabile e l’energia elettrica arrivano solo nel secondo dopoguerra per intervento del principe.

La vita nel villaggio viene trascritta senza enfatizzazione, ma cogliendo dettagli molto intimi, profili di gente umile, voci, silenzi e paesaggi, che accompagnano eventi storici, di cui a Toloma arriva solo l’eco lontana, come l’avvento del fascismo e dell’Altissimo, mandato dalla provvidenza. Non mancano i fatti traumatici come la partecipazione alla prima guerra mondiale da parte di Benigno (il padre del nonno) o le incursioni aeree della seconda guerra mondiale.

Nel trascrivere le pagine del nonno il giovane ha creduto di trovare le sue radici nel rispetto dei vincoli di fraternità, nella lealtà dei rapporti sociali, nella solidarietà, valori che gli sembrano consoni all’ambiente delle verdi colline, delle distese di prati che declinano verso l’armonioso mormorio delle acque del Longano, che scendono verso la piana e, dopo avere spaccato in due la città di Barcellona, si versano nel mar Tirreno tra i capi di Milazzo e di Tindari, con sullo sfondo le Isole Eolie. Era una vita a contatto con la natura, rallegrata da Mastro Paolo, venditore ambulante, giullare e mago. I ragazzi vivevano tra lavoro, istruzione elementare, feste popolari e superstizioni.

La partenza del nonno Coco dalla Sicilia è raccontata nel capitolo 24 come la prima pietra di un mondo che incominciava a sgretolarsi, quando il dolore del mondo offeso consolidò nel trisavolo Coco la consapevolezza che a Toloma ormai non c’era più futuro per i contadini ed egli, dopo la fine della seconda guerra mondiale, a cinquant’anni dalla fondazione del villaggio, spinse suo nipote (il nonno di Nicky) ad emigrare.

Il romanzo - articolato in 30 capitoli, più un epilogo - ha una struttura ad anello: si apre e si chiude con le sedute psicanalitiche a cui inutilmente si sottopone Nicky, malato di nevrosi (come lo Zeno Cosini di Italo Svevo). Allo sdoppiamento del suo io coincide la modalità del racconto, nel quale - ai capitoli scritti in prima persona e dedicati alla sua vita interiore e alla società liquida in cui è intrappolato – egli alterna i capitoli in terza persona in cui il giovane ha trascritto il diario monologo del nonno. Tale alternanza sottolinea anche la differenza tra i due modi di vivere. Il tempo del nonno era ciclico, con paesaggi e atmosfere incantate o addirittura magiche (a Toloma si credeva che fosse Mastro Paolo ad azionare il congegno del meccanismo dell’universo che consente l’alternanza dei solstizi d’estate e d’inverno). Invece il tempo della città in cui vive Nicky è diventato un tempo lineare e uggioso, anche se rumoroso nei pub o nei night chiassosi, che egli frequenta insieme agli amici e alla giovane Emily, verso la quale tiene un atteggiamento amoroso ambiguo. Percepisce l’ondeggiare del suo animo tra l’incapacità di amare e il vagheggiamento del sogno di Toloma.

Della rimodulazione della scrittura del nonno Nicky ci dà un ragguaglio una prima volta nel capitolo 3 e più diffusamente a metà del romanzo, nel capitolo 16, in cui precisa che il raccontare del nonno era spontaneo, impulsivo; ma la narrazione a volte si frammentava, risultava incoerente e priva di uno sviluppo uniforme. Mentre frequenta l’ultimo anno di università e sta svolgendo la tesi di laurea sul pensiero filosofico di Giacomo Leopardi, Nicky, attanagliato dalla ossessione di ricercare una identità nelle proprie radici, si dedica al certosino lavoro di sutura e collazione, stabilisce cronologie, dando vita a una struttura di racconto ordinata, in un linguaggio omogeneo.

Alla fine del romanzo Nicky, su consiglio del terapeuta, decide di fare un viaggio / ritorno nel villaggio dei suoi avi. Ma il giovane non trae alcun sollievo dalla sua visita, anzi rimane traumatizzato dalla delusione di non trovare più Toloma, che è stato abbandonato da tutti i discendenti delle famiglie che vi si erano trasferite cento anni prima.

Nino Famà ha premesso all’inizio del romanzo tre citazioni, tratte da Pavese, Vittorini e Cervantes. Accanto al tema del ricordo, esse richiamano i temi del dolore del mondo offeso, del ritorno alle radici e del destino cieco. Il viaggio-ritorno di Nicky è motivato dalla stessa ragione – il recupero della propria identità - del ritorno di Anguilla (cresciuto da trovatello nelle Langhe ed emigrato in America), protagonista de La luna e i falò di Pavese. La seconda citazione richiama gli astratti furori e il capo chino del protagonista siciliano di Conversazione in Sicilia di Vittorini, mentre la terza citazione da Cervantes definisce la fortuna una mujer borracha y antojadiza – cieca, perché spinge alla deriva verso il vagheggiamento vano, che rasenta la pazzia.

Il nostos è tema ricorrente nella letteratura non solo siciliana. Terra di emigranti - ma anche di poeti e scrittori d’esilio, come Famà -, la Sicilia richiama alle radici coloro che, o per necessità o per scelta libera, fuggono via dalla terra natale. Molti di essi hanno fatto della Sicilia, provincia dell’anima, il tema privilegiato delle loro opere. Nel romanzo di Famà l’incursione nel passato da sola non basta a liberare Nicky dal suo disordine mentale, dallo spaesamento, dalla mancanza di valori, dall’afasia e passività a cui si sente condannato. “Il viaggio – egli dice - mi ha reso consapevole che solo nei miei sogni, nelle mie illusioni attingo a quella identità che appaga la mia esistenza”. La conclusione, anche se lasciata aperta, induce a immaginare una verità non detta chiaramente, cioè che la vita nella società di oggi è una malattia da cui non è possibile guarire.

Il sogno di Toloma non è soltanto la saga della famiglia NIcoterra. Oltre che sul mondo rurale del Mezzogiorno offeso, Nino Famà pone l’accento sulla perdita dell’equilibrio psichico nella attuale civiltà del consumismo globalizzante, che provoca il disamore anche all’interno del nucleo familiare e la rottura delle consuetudini e dei valori più spontanei. E’ il romanzo delle radici, che l’epoca della società liquida cancella. (g. t.)

BIOGRAFIA

NINO FAMA’ di Gino Trapani

Nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1943, Nino Famà è emigrato in Canada alla fine degli anni cinquanta. Professore di Letteratura iberoamericana nell’Università di Waterloo, Ontario – Canada, ha pubblicato centinaia di saggi e articoli di critica letteraria su riviste e giornali, tra cui: “La tradicion del realismo magico en la literatura hispanoamericana”; “La ficcion como principio ordenador de la historia en El reino de este mundo” (Caracas); “Narrativa y conciencia cultural en Hispanoamerica” (Mexico); “La magia como perspectiva en la novela hispanoamericana contemporanea” (Toronto); “Structural parallelism in Vittorini’s Conversazione in Sicilia e and Carpentier’s Los passos perditos” (Canada), ecc..

Recensioni: A marxist reading of Fuentes, Vargas Llosa, and Puig, di V. M. Duran (London); Storia delle relazioni letterarie tra l’Italia e l’America di lingua spagnola, di Giuseppe Bellini; In Sicilia di Matteo Collura (Longanesi), ecc..

Ha svolto molte conferenze in Canada, Stati Uniti, Messico, Venezuela, Francia, Italia (su Borges, Pacheco, Carpentier, Melo Freni, Carmelo Aliberti, ecc.). Ama tornare nella città natale ogni anno.

Dopo la raccolta di racconti Don Gaudenzio e altre storie, ha pubblicato La stanza segreta nel 2004, L’oceano nel pozzo nel 2014 e Il sogno di Toloma (che è una rielaborazione del “La stanza segreta”) nel 2017. I suoi romanzi sono stati presentati a Barcellona P. G. dalla Pro Loco Manganaro.

Tema centrale della sua scrittura è il mondo degli emarginati, che, nella prospettiva di un domani senza futuro, sono costretti a lasciare la propria terra e si trasferiscono in città metropolitane. Nino Famà pone l’accento – oltre che sul mondo rurale del Mezzogiorno offeso e sulla saga delle famiglie di emigranti - sulle conseguenze della attuale civiltà del consumismo globalizzante, che rende la vita caotica e vuota, incide negativamente sull’equilibrio psichico e provoca frustrazioni, paura, incertezze, il disamore e la perdita dei valori e delle consuetudini del mondo delle radici, che viene cancellato dalla modernità liquida. (g. t.)

Comments


bottom of page