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Che cosa significa il Natale

Il presepe è per antonomasia il luogo della pace e dell’armonia: tutto è in ordine nel tradizionale villaggio che riproduce la notte della nascita del Messia, avvolta nel mistero, che richiede di avere fede e di credere nel miracolo del concepimento di Gesù nel grembo della Vergine per virtù dello Spirito Santo.

Ma tutti sappiamo che il villaggio e la stalla di Betlemme sono simbolici. Infatti rinviano alla dimensione della soggettività, cioè al modo diverso con cui ciascuno vive e sente il significato della ricorrenza del Natale.

La rappresentazione esteriore della nascita del Redentore dovrebbe rinsaldare la speranza (di una vita serena e della salvezza) nel fondo dell’interiorità, che spesso è incerta tra entusiasmi e delusioni, scetticismo e ottimismo della volontà. E soprattutto dovrebbe aiutare a far nascere la carità, la terza virtù che ci induce alla apertura verso il prossimo, il debole, l’indifeso, lo straniero, l’emigrante.

Durante tutto l’anno di disgrazia della pandemia, la voce del popolo (strumentalizzata per interessi politici o falsificata dalla comunicazione virtuale) ha lamentato i disagi causati dalla crisi sanitaria e soprattutto dal disastro economico. Minore spazio è stato dato alla crisi dei valori spirituali, che si è accentuata in una società liquida, in cui tutto è ormai mercificato. Si è smarrito il senso di umanità e si è giunti al punto che Papa Francesco viene accusato di essere uomo di parte, perché invita alla solidarietà e a smorzare i toni che gli avversari politici usano in maniera smodata contro le decisioni di chi governa.

Il Natale significa recuperare i valori cristiani, che ci fanno sentire fratelli e sorelle.

Ma quanti sono oggi coloro che si dichiarano cristiani e si comportano coerentemente secondo il “credo” o in sintonia con il “rosario” che tengono in mano?

Gino Trapani

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