top of page

ANNIVERSARIO DELLA NASCITA di Bartolo Cattafi

di Gino Trapani

Il sei luglio alle cinque del mattino / il tram a vapore partito per Messina / emise dall’imbuto fumo / faville e un lungo fischio, / appena nato girai la testa / verso quel primo saluto della vita. Sono i versi inziali della lirica “Cancro” (dal “L’aria secca del fuoco”, 1972), in cui Bartolo Cattafi nel cinquantesimo anniversario della nascita ricorda il fischio del tram a vapore che partiva per Messina dalla stazione della tramvia, a poche decine di metri dalla casa di via Gerone, in cui trascorse i primissimi anni d’infanzia. Nell’atto del neonato, attirato dal fischio del tram, egli accredita la prefigurazione del suo istintivo spirito di avventura, che lo ha spinto a viaggiare per il mondo. Nella stessa lirica afferma di appartenere “ad una razza bisognosa di auguri” ed esprime con sottile ironia il disagio di vivere in solitudine (“mi dolgo di non potere / stringermi la destra con la destra / baciarmi le guance”) e di non essere in grado di interpretare i segni della sua sorte “sigillata nel pentagono della corazza” dell’ “acquatico figlio della luna”.

Ad appena 20 anni nel 1942 aveva messo in scena da regista al Teatro Mandanici “I nostri sogni” di Ugo Betti. Amici carissimi furono, tra gli altri, Alessandro Manganaro e Michele Stilo, che Cattafi incoraggiò a formare la Compagnia del Teatro Sperimentale e incoraggiò nel suo tentativo (riuscito) di riaprire il teatro greco di Tindari con la messa in scena dell’Aiace di Sofocle. Nino Pino Balotta fu il suo primo lettore, che lo presentò a Corrado Govoni.

Ma Il rapporto con la città natale non fu idillico. Lasciata la Sicilia, Cattafi si trapiantò a Milano, mantenendo con Barcellona un rapporto di odio amore. “Scappa, metti / ali ai piedi / tappi agli orecchi” scrisse in Baedeker, in cui i richiami nostalgici alle radici sono paragonati alle false sirene, da cui egli non vuole farsi sedurre. Il pendolarismo fra Milano e la Sicilia ha caratterizzato sia la sua vita sia la sua poesia in tutte le fasi, da un iniziale nomadismo, misto a maledettismo, ad un astrattismo nomade tra tenebra e azzurro, ad una poesia che trasforma l’oggetto in raffigurazione di un valore astratto, abbatte ogni barriera tra mondo esterno e interiorità, in una straordinaria varietà di temi che vanno dal “mondo arancia del verde domani” al “grumo perenne” inestricabile. Cattafi ha realizzando una poetica che si può definire neobarocca, con cui ha tracciato i segni del vuoto e del silenzio, ma anche il cammino incerto verso la fede.

Dopo il successo del “L’osso, l’anima” (1964) è seguito un silenzio di circa otto anni, durante i quali ha sposato con matrimonio civile Ada De Alessandri e si è trasferito a Terme Vigliatore. Negli ultimi anni il nostro poeta ha ripreso a comporre moltissime poesie, che la critica unanimemente ha apprezzato, anche se solo una parte di essa ha ritenuto di giudicare Cattafi uno dei poeti maggiori del secondo novecento. Egli ha rinunziato all’atteggiamento di distacco che aveva tenuto nei confronti del nostro piccolo mondo, imbozzolato in una sicilianità furbesca, anche se variegata. Si è mostrato disponibile, accettando di intervenire alla presentazione dell’antologia di poeti siciliani intitolata “Il mar fra mezzo” nel 1975. Prima di quel tempo, tranne pochissime eccezioni, la poesia veniva considerata dai barcellonesi un hobby da scioperati e Cattafi lo sapeva bene, per essere stato fino ad allora ignorato in città, tranne dagli amici di vecchia data. In quell’anno era nata la figlia Elisabetta e in occasione del battesimo aveva cominciato a riavvicinarsi al cristianesimo, fino a decidere di celebrare il matrimonio con rito cattolico. Nel 1977 per la prima volta in città fu presentata la sua raccolta “Marzo e le sue idi”. E’ stato un evento che ho avuto il gradito compito di organizzare per conto della Corda Fratres nella sala del Consiglio comunale, al quale parteciparono, oltre l’autore, Vanni Scheiwiller, Giuseppe Miligi e l’attore regista Walter Manfrè in qualità di lettore di alcune poesie. L’incontro è avvenuto in un momento di svolta per la cultura di Barcellona, perché negli anni settanta in città si cominciò a intensificare la qualità degli incontri culturali. Purtroppo Cattafi non ha potuto esserne compartecipe, perché egli l’anno dopo scoprì di avere il cancro, che dopo alcuni mesi lo condusse alla morte il 13 marzo 1979. Egli sopportò la malattia con dignità, continuando a comporre versi fino agli ultimissimi giorni di vita, confortato dalla fede (In Te confido / sei il Cubo la Sfera il Centro - In Te).

Gino Trapani

Comments


bottom of page